Giovedì il People’s Mojahedin Movement of Iran, un movimento di resistenza in esilio, ha rivendicato la responsabilità di un attacco informatico ai siti web della città di Teheran e di migliaia di telecamere di sorveglianza nella capitale iraniana. Il governo della città aveva precedentemente segnalato un “malfunzionamento deliberato” che rendeva non disponibili il sistema interno, il sito Web e l’applicazione, secondo l’agenzia di stampa ufficiale iraniana.
L’Organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano, che è nell’elenco dei terroristi nella Repubblica islamica dell’Iran, ha confermato in una dichiarazione che i suoi agenti in Iran hanno effettuato questa “grande operazione” che “è stata pianificata da mesi”. La dichiarazione affermava che durante l’attacco, sui siti web del consiglio comunale di Teheran sono apparse immagini del leader del MEK, sua moglie Massoud e Maryam Rajavi, nonché slogan contro l’ayatollah Ali Khamenei.
Slogan simili sono stati inviati via SMS a quasi 600mila residenti nella capitale. La People’s Mojahedin Organization ha anche affermato di aver preso il controllo di oltre 5.000 telecamere di sorveglianza. “Questa vasta rete di telecamere è uno dei principali strumenti di sorveglianza e repressione da parte del regime dei mullah”, si legge nella nota. Si dice che la rete di telecamere abbia avuto un ruolo negli arresti di persone che hanno preso parte alle proteste contro il regime, secondo l’Organizzazione dei Mojahedin del popolo.
A gennaio, il MEK ha effettuato un attacco informatico simile contro le reti televisive e le stazioni radio iraniane controllate dallo stato. A ottobre, un attacco informatico ha interrotto la distribuzione di carburante nel Paese.
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