
E’ una scoperta tutta italiana quella che ha meritato le pagine di Nature Medicine riguardo alla leucemia mieloide acuta. Un team di ricercatori dell’ospedale San Raffaele di Milano ha infatti scoperto quali sono gli espedienti attraverso cui le cellule della leucemia riescono a sfuggire al sistema immunitario dopo il trapianto di midollo osseo.
Post-transplantation #relapse in acute myeloid #leukemia patients without genomic loss of HLA is driven by transcriptional alterations in #antigenpresentation and #Tcell costimulation genes. https://t.co/4iBjGz3yuf pic.twitter.com/xEJr6WBQaS
— Nature Medicine (@NatureMedicine) 25 marzo 2019
I ricercatori hanno studiato il processo attraverso l’analisi, prima e dopo la terapia, delle cellule tumorali e dei linfociti T, che le contrastano.
La ricerca
Gli studi sono stati realizzati grazie ai fondi del Ministero della Salute e di Airc. Studi che hanno permesso di mettere in luce come il tumere abbia trovato due nuove soluzioni per resistere. La prima soluzione si attua attraverso un meccanismo che permette alle cellule di “nascondersi” alla vista dei linfociti. Le cellule tumorali infatti sono in gradi di ridurre l’espressione delle molecole HLA sulla superficie, silenziando così i loro geni. La seconda soluzione prevede che le cellule aumentino la presenza di alcuni recettori immunosoppressori. Questi “segnalano” ai linfociti di moderare la loro attività, e in questo modo si arriva a inattivare la risposta immunitaria.
Le precedenti scoperte
Il gruppo di ricercatori avevano già scoperto, nel 2009, come talvolta le cellule della leucemia si “salvino” grazie ad una mutazione nel Dna. la mutazione rende alcune molecole sulla superfice della cellula più simili a quelle del sistema trapiantato, e in questo modo diventano “invisibili” al sistema immunitario.
La spiegazione dei ricercatori
Luca Vago, che insieme a Chiara Bonini e Fabio Ciceri è uno degli autori principali dello studio, ha spiegato: “Comprendere, caso per caso, quale meccanismo dà origine alla recidiva permetterà di classificare meglio i pazienti e dare loro un trattamento specifico”. E chiarisce ancora che “l’obiettivo è un approccio personalizzato alle recidive, che permetterà di migliorare gli esiti non grazie a nuove opzioni terapeutiche, ma trovando un nuovo razionale per le terapie già disponibili”.