Non sono tempi facili per chi si occupa di diritti umani in Russia. Ad attestarlo è un rapporto diffuso quest’oggi da Amnesty International, che ha riscontrato un generale inasprimento delle misure repressive nei riguardi di chi tutela i diritti umani, anche nei confronti dei semplici attivisti.
Le leggi repressive aumentano
Da quando Vladimir Putin è presidente della Russia, le leggi repressive nei confronti di chi si occupa di i diritti umani sarebbero infatti aumentate, portando a un sistematico peggioramento della situazione in tutto il Paese.
Tra gli strumenti utilizzati dalle autorità per ostacolare – o reprimere – il lavoro di chi agisce in favore dei diritti umani, il rapporto cita le condanne per reati mai commessi, le multe astronomiche, o anche il semplice congelamento dei conti bancari delle persone non gradite, per non parlare delle persecuzioni, delle minacce, delle aggressioni.
Nel mirino soprattutto chi difende i diritti delle persone Lgbti
Secondo Amnesty, le persone maggiormente prese di mira sarebbero gli attivisti che lottano per i diritti umani in Cecenia e nel Caucaso, tutti coloro che cercano di difendere i diritti delle persone Lgbti, spesso perseguitate o aggredite con inaudita violenza. Uno dei casi più eclatanti, da questo punto di vista, è quello dell’attivista Igor Kochetkov, regolarmente minacciato per aver denunciato la persecuzione degli omosessuali in Cecenia. Kochetkov avrebbe addirittura ricevuto minacce di morte, ma la polizia – secondo Amnesty – non avrebbe mai mosso un dito per avviare un’indagine.