Uno scafista decapita un migrante per un misero succo di frutta, questa la nuova tragedia accaduta su un barcone partito dal Marocco e diretto in Spagna. L’omicida, di nazionalità guineana, si chiama Oumar Diallo. Ha estratto un pugnale e ha decapitato in maniera brutale e spietata uno dei 17 migranti che trasportava. Poi, appena arrivato sulle coste spagnole, è stato arrestato.
Scafista decapita migrante
Come racconta El Mundo, il barcone era partito il pomeriggio del 5 luglio dalla spiaggia di Kariat Arkmane. Il giorno successivo è arrivato nelle acque spagnole, nel Mare di Alboran, in Andalusia. In pratica ha fatto 200 km di traversata in circa di mezza giornata. Per affrontare il viaggio, ogni migrante aveva con un sacchetto con del cibo e un succo di frutta. A causa del caldo intenso, uno dei migranti, ha però rubato il succo di frutta dello scafista. Quest’ultimo, dunque, in preda alla rabbia, ha deciso di vendicarsi e ha decapitato il poveretto.
Davanti a quella scena orribile, gli altri migranti non hanno avuto la forza o il coraggio di intervenire. Diallo, indisturbato, ha così preso la testa del malcapitato e l’ha gettata in mare. Anche il suo corpo ha fatto la stessa fine, ma dopo circa un’ora.
Il racconto dei testimoni
Appena arrivati in Spagna, gli altri migranti hanno raccontato alle autorità quello che avevano visto. “Gli ha tagliato la testa, è impazzito – ha detto un testimone. I migranti superstiti sono stati condotti al centro rifugiati di Malaga. Tutti tranne lo scafista, che è stato arrestato con l’accusa di omicidio.
Una scena agghiacciate, che come raccontano i volontari del centro, non fa dormire chi l’ha vissuta. “Una settimana dopo i fatti, molti ancora non riescono a dormire. In tanti hanno ancora bisogno di assistenza psicologica“. Ad aggiungere orrore all’orrore è il fatto che non si conosce ancora l’identità della vittima. Al contrario, lo scafista era già noto all’Organizzazione marocchina per i diritti umani. Diverse, infatti, le denunce a suo carico per tratta di esseri umani.
L’omicida, secondo Omar Naji, il presidente della ong, “individua le persone nel suo Paese di origine, la Guinea”. Poi “le convince a partire, chiedendo in cambio 3 mila euro. La polizia marocchina lo ha fermato diverse volte, ma alla fine è sempre stato scarcerato”.