Me Too mette in tacca di mira McDonald’s. Secondo il movimento che aveva affondato Weinstein la catena di fast food sarebbe un vero formicaio di molestie sessuali e sopraffazioni gratuite verso le donne. Il New York Times cita l’intervento dell’agguerrito Legal Defense Fund di Time’s up, che ha redatto 23 nuove denunce contro McDonald’s. Al centro di quelle verifiche capillari che andranno a monitorare ogni aspetto di vita ed interazioni sul lavoro, i 14mila punti vendita della catena di hamburger.
Me Too e le gravi accuse
Ma su tutto grava la linea gestionale di MCD, che fa sapere tramite i suoi legali di non essere responsabile dei singoli comportamenti dei suoi dipendenti. La battaglia su molestie sessuali al lavoro e prevaricazioni più o meno palesi e rudi del principio di parità di genere cambia dunque scenario, dopo aver terremotato la Hollywood, si sposta nel sancta sanctorum dell’american way of life.
Da questo punto di vista le azioni giudiziarie contro il colosso della ristorazione fast assumerà anche i toni di un test per verificare tenuta, organizzazione e incisività sociale del movimento MeToo, un fenomeno-processo che negli Usa è di prassi ma che in Europa ed in Italia ha connotazioni anomale; da noi (per fortuna) prima si censisce il fatto reato e poi se ne fa la fenomenologia sociale. La fase uno è già partita, con la raccolta delle testimonianze che avallerebbero le avvenute molestie.
I dati sulle molestie sessuali
Secondo i dati raccolti, oltre il 40% delle lavoratrici della catena di Mc Donald’s ha affermato di aver subito almeno una molestia sessuale nel corso dell’attività lavorativa. Dal canto suo Times’Up, dopo una campagna di deterrenza che aveva previsto anche l’affissione di poster sui luoghi di lavoro censiti come “sensibili” ha inviato una lettera ai vertici di MCD a Chicago, preannunciando battaglia.