Le ultime vittime del genocidio in Rwanda sono state seppellite a Kigali. Sono 85mila persone i cui resti erano stati trovati un anno fa seppelliti in 143 pozzi disseminati nel paese e negli scantinati delle abitazioni in periferia, le cui fondamenta contenevano, letteralmente, l’ultimo capitolo degli orrori perpetrati dagli Hutu contro i Tutsi nel 1994.
Genocidio in Rwanda
Quei miseri resti erano stati sottoposti a un meticoloso e penoso lavoro di composizione per individuare le persone a cui appartennero e consentire ai loro cari di piangerli a distanza di 25 anni dai massacri che insanguinarono il paese, massacri che ebbero inizio con il famoso ordine dato alla radio, quando lo speaker Kantano invitò, dai microfoni di RTLM, a uccidere “gli scarafaggi Tutsi”, in barba agli intenti di contenimento, gestiti in maniera fallimentare, dei membri dell’Operazione “Turqoise” a trazione Onu ma sotto controllo francese.
Sono state individuate 84.437 vittime, tutte massacrate nell’eccidio di Nyaza a Kigali. I resti sono stati composti in 81 grandi siti funerari e sepolti presso il memoriale del genocidio. Scene strazianti hanno accompagnato la cerimonia, con il pianto ininterrotto e le grida dei cari che hanno testimoniato come le ferite aperte da quella immane tragedia siano ben lungi dall’essere rimarginate.
Alla fine del massacro più di un milione di uomini, donne e bambini, per lo più allevatori Tutsi, vennero sbriciolati dalla raffiche di kalashnikov, fatti a pezzi da panga e machete o arsi vivi con la benzina dei pick up. Da allora e a partire dal 7 aprile, in Rwanda inizia un lutto nazionale che dura 100 giorni e che quest’anno di è mestamente arricchito di commemorazioni particolari in virtù del 25° anniversario del genocidio. “Commemorare il genocidio contro i Tutsi è una responsabilità di tutti i ruandesi – e così sta dando loro una sepoltura decente”, ha detto il ministro della Giustizia Johnston Busingye durante la toccante cerimonia.