22 giorni di shutdown negli Stati Uniti. Si tratta di un record nella storia Usa. Eppure non ci sono segnali politici di una fine dello stallo che ha portato alla chiusura di musei e parchi e che ha costretto centinaia di migliaia di dipendenti pubblici a rimanere a casa o a lavorare senza stipendio. Il Congresso è chiuso per il weekend, e non pare ci siano in programma nuovi incontri tra Repubblicani e dei Democratici per trovare una via d’uscita dalla crisi. Con oggi, l’attuale shutdown ha superato quello avvenuto nel 1995-96, fino ad allora il più lungo della storia Usa.
L’attuale shutdown è dovuto al braccio di ferro tra la Casa Bianca e i Democratici. Il motivo è il rifiuto di far approvare dal Congresso il finanziamento di 5,7 miliardi di dollari richiesto dal Presidente Donald Trump per la costruzione del muro al confine col Messico. E senza altri negoziati in agenda, si fa sempre più concreta l’ipotesi che Donald Trump decida di dichiarare l’emergenza nazionale. In questo modo aggirerebbe il veto dei Democratici al Congresso. L’eventuale decisione del Presidente, andrebbe però incontro a una serie di ricorsi legali: i Democratici sostengono infatti che l’attuale situazione al confine tra Usa e Messico non costituisce un’emergenza nazionale.
L’azione legale dei sindacati
Intanto, i sindacati dei dipendenti federali hanno fatto causa al Governo. L’accusa è di violare le leggi sul lavoro, poiché richiede ai dipendenti ritenuti “essenziali” di continuare a lavorare senza stipendio. Secondo i media americani, l’azione legale è stata depositata dai sindacati che rappresentano i lavoratori federali: National Federation of Federal Employees, National Association of Government Employees SEIU e National Weather Service Employees Organization.
Le previsioni di Standard & Poors