Giancarlo Siani e la morte di un giornalista ucciso per aver compiuto soltanto il proprio dovere di cronista. L’allora 26enne morì durante un agguato nel centro di Napoli il 23 settembre 1985. Inchieste sulla malavita, grande senso di responsabilità sociale e fruitore dell’informazione sana e non vincolata.
La storia di Giancarlo Siani, gli studi e i primi lavori
Siani frequentò il Liceo Ginnasio e successivamente si iscrisse all’università fondando il “Movimento per il Diritto all’Informazione” insieme a Gildo De Stefano e Antonio Franchini. La libertà di stampa e la corretta informazione furono da sempre i cavalli di battaglia del pensiero di Giancarlo Siani. In prima linea come giornalista partì dal mensile “Il lavoro del Sud” evidenziado i problemi della criminalità organizzata. In seguito giunse a “Il Mattino” in qualità di corrispondente per Torre Annunziata. All’attivo anche la collaborazione con il periodico “Osservatorio sulla Camorra”.
Le inchieste sul malaffare e la morte
Centiana di articoli nei quali si intrecciarono i rapporti tra la camorra e gli ambienti politici. Particolare attenzione fu rivolta ai rapporti tra amministrazione locale, guidata da Domenico Bertone, e il boss Valentino Gionta. Al centro di tutto il riciclaggio oltre agli innumerevoli, e allo stesso tempo cospicui, profitti. Appalti assegnati ai clan ed egemonia sul territorio: l’analisi di Giancarlo Siani sui fenomeni camorristici colpì nel segno. Le inchieste di Siani, incentrate sul ruolo della camorra, costarono la vita al giovane di soli 26 anni. Il giorno di ferragosto Siani morì lontano da Torre Annunziata: l’obiettivo fu quello di complicare le indagini. Dieci colpi di arma da fuoco a pochi metri dall’abitazione situata nel quartiere Vomero.
Il processo per l’omicidio di Giancarlo Siani
Furono condannati all’ergastolo i fratelli Nuvoletta, Luigi Baccamte e gli esecutori materiali Ciro Cappuccio e Armando Del Core nel 1997. Il mandante fu identificato in origine nella persona di Valentino Gionta (condannato all’ergastolo nel 2003 in Appello e scagionato in Cassazione per non aver commesso il fatto).