È accusato di aver preso la famosa pen drive del capo dei capi casalese Michele Zagaria durante il blitz nel suo covo che portò all’arresto del super boss. La Procura Antimafia di Napoli ha chiesto ed ottenuto il processo per un poliziotto su cui grava la pesantissima accusa di essersi impossessato di quella banca dati del camorrista contenente segreti e informazioni cruciali sul clan per farla tornare poi nella disponibilità di persone contigue al clan.
Michele Zagaria, poliziotto indagato
Il poliziotto è stato indicato dalla Dda come colui che portò fuori quella pen drive dal bunker di Via Mascagni dove Zagaria si era rifugiato per la sua lunghissima latitanza. Il 7 dicembre del 2011, secondo l’accusa, fu lui ad entrare per primo nel locale che ospitava il boss. Su un ripiano c’era la pen drive in questione, incastonata in un ciondolo gioiello a forma di cuore di Swarovski.
Sempre secondo l’accusa, che dovrà trovare conforto procedurale nel dibattimento deciso dal Gup di Napoli, il poliziotto avrebbe poi ceduto quella pen drive con i segreti di Zagaria a persone che erano notoriamente vicine al clan. La chiavetta usb in questione infatti era stata pre inventariata dagli inquirenti, che ne avevano avuto menzione dalle dichiarazioni di alcun pentiti.
I contenuti della pen drive
Entrati nel bunker però non ne avevano trovato traccia e, dopo una infruttuosa perquisizione corporale del boss, era partita la caccia al prezioso oggetto. L’agente dovrà rispondere di peculato, corruzione ed accesso abusivo ai sistemi informatici, il tutto con l’aggravante dell’articolo 7. In aula, ad ottobre, l’uomo sarà difeso dall’avvocato Gianni Cantelli.