Un dipendente è stato licenziato dopo aver insultato l’azienda in cui lavorava. Il fatto risale a qualche tempo fa. Una guardia giurata, durante una conversazione telefonica con il centralino, aveva inveito dicendo: “Che azienda di m….”. L’uomo si era arrabbiato perché non riusciva a farsi rilasciare il Cud dall’amministrazione aziendale.
Dipendente licenziato dopo aver insultato l’azienda
Dopo quella frase il dipendente è stato licenziato. Ha però deciso di fare ricorso. I giudici hanno stabilito che “l’espressione utilizzata non appariva suscettibile di arrecare pregiudizio all’organizzazione aziendale“. Questo perché la frase era “priva di attribuzioni specifiche e manifestamente disonorevoli tali da determinare il venir meno, ragionevolmente, del rapporto fiduciario o di essere lesiva del decoro dell’impresa pur avendo tale espressione usata travalicato i limiti della correttezza”.
La Cassazione ha confermato poi la decisione e ha ritenuto ingiusto il licenziamento. Il dipendente adesso dovrà essere risarcito (non riassunto per effetto della riforma Fornero). L’azienda, in pratica, prima di procedere con il licenziamento, avrebbe dovuto verificare se il dipendente “doveva avere stima” nei confronti dell’impresa.