Una lettera di scuse, in cui ammettere gli errori commessi. Ha deciso di scriverla Davide Caddeo, giovane recentemente condannato a 9 anni per l’accoltellamento a Niccolò Bettarini, figlio di Simona Ventura, dopo un processo che avrebbe lasciato fuori altri aggressori. Il 30enne sta scontando la pena ai domiciliari e, nello scritto indirizzato alla sua vittima, afferma di “essere determinato a seguire un programma che lo aiuti a uscire dalla tossicodipendenza che lo ha portato ad azioni come quella avvenuta” (fonte TgCom24).
L’aggressione a Niccolò Bettarini
Caddeo era stato condannato con rito abbreviato sulla scorta di uno storico dei fatti che aveva riconosciuto come l’aggressore avesse colpito Bettarini jr non sapendo che fosse una persona “da prendere di mira” in quanto legato al mondo dei cosiddetti vip. Insomma, le nove coltellate inferte e non letali grazie anche alla costituzione vigorosa di Bettarini e il procedimento a carico dei quattro imputati complessivi erano stati solo il prodotto di una violenza innescata dal solito mix da “vida loca” che, nell’impianto del processo, aveva consentito all’accusa di contestare i futili motivi.
Il cerchio non si è chiuso
Non i motivi discriminatori però: “Nel corso dell’indagine vi sono stati solo isolati riferimenti al fatto che qualcuno avesse gridato che il giovane era il figlio di Bettarini e forse proprio per tale ragione andasse appunto colpito”. L’aggressione fu il prodotto, o meglio, la brutale reazione ad una lite accaduta tempo prima, ad inizio marzo 2018, una sorta di regolamento di conti insomma.
Il dato che invece sembra emergere è che in quel blitz qualcuno potrebbe averla fatta franca: a fronte dei condannati rubricati in atti – Davide Caddeo, Alessandro Ferzoco, Albano Jakej ed Andi Arapi – vi sarebbero state almeno altre tre persone che avrebbero attivamente avuto un ruolo nelle dinamiche del crimine. Un chiaro invito alla procura ad approfondire con un’indagine stralcio.