Sua sorella era fidanzata con un camorrista e l’Antimafia lo aveva indagato e fatto condannare per concorso esterno in associazione mafiosa ritenendolo un fiancheggiatore dei Casalesi. Poliziotto assolto in appello da quell’infamante accusa. Alla lettura della sentenza che cancella quella macchia sulla sua onorabilità di pubblico ufficiale, l’umo è scoppiato a piangere.
La storia del poliziotto
Il poliziotto,. A.L., all’epoca dei fatti in servizio presso il Commissariato casertano di Sessa Aurunca, era stato condannato in primo grado a sei anni di carcere, anche in virtù di una linea accusatoria che gli attribuiva l’accesso abusivo ai sistemi informatici e delle rivelazione di segreti d’ufficio al “cognato malommo”. Quest’ultimo, Gian battista Papa, era stato poi freddato in un agguato maturato all’interno di una faida fra giovani leve e capi storici del clan. In pratica l’accusa riteneva che l’uomo avesse usato la sua divisa per fare l’informatore del clan attraverso in “canale affettivo” del moroso di sua sorella.
Cadono le accuse
Quell’accusa diventata sentenza di primo grado è stata ribaltata del tutto dalla Corte di Appello del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. I giudici Sorrentino, Mastrominico e Casoria, dopo le arringhe difensive degli avvocati Raffaele e Gaetano Crisileo, hanno assolto il poliziotto che, nel sentire che l’onore gli era stato restituito, è scoppiato in lacrime liberatorie.
E il sollievo dell’ex imputato è comprensibile: il Procuratore generale aveva chiesto la conferma della condanna ma a fare argine alla linea dell’accusa erano intervenute anche le deposizioni chiave di uomini simbolo della Polizia nella sua veste più operativa, escussi in aula in veste di superiori dell’imputato e conoscitori della sua condotta. Fra di essi l’allora Vice questore Cristino Tatarella, oggi questore Vicario in quel di Latina.