A San Marino esiste ancora una legge tra le più oscurantiste del Vecchio Continente. Nella piccola Repubblica, infatti, l’aborto è sempre punito con il carcere da 3 a 6 anni. Alla donna è concessa una sola scelta: quella tra la vita e la morte. La voce femminile può dunque essere ascoltata sempre in un solo caso: se la donna prende la decisione di sacrificarsi per salvare il feto.
“Cappa clericale soffocante”
“Non si valuta se è minorenne, se è stata stuprata, se è disabile. Il nostro Paese continua a vivere sotto una cappa clericale soffocante“, ha dichiarato Vanessa Muratori, ex parlamentare di Sinistra Unita. Vanessa da tempo è alla guida del Comitato promotore della legge sulla procreazione cosciente, per la quale è scattata ora una corsa contro il tempo. Quella per raccogliere abbastanza firme per presentare un’altra proposta di legge.
Senza una nuova legge, per le donne sammarinesi continua l’emigrazione sanitaria verso l’Italia. E per farlo spendono parecchio: si oscilla intorno ai 2mila euro.
Il Governo di San Marino
Al Governo di San Marino c’è una coalizione tra Sinistra Socialista Democratica, Civico 10 (altro partito di Sinistra) e Repubblica Futura, di Centrodestra.
“Il problema pochi nel Governo lo vogliono affrontare – continua la Muratori – la coalizione che guida il Paese non ha nemmeno inserito nel programma il tema dei diritti civili”.
Unica attenuante
A San Marino, per adesso, è prevista una sola attenuante per la donna che vuole abortire. Se la donna in questione non è sposata, infatti, scatta la giustificazione motivata dall’onore. Non sono previste attenuanti in caso di violenza, in caso di malformazione del feto e neppure in caso di incesto.
L’impianto normativo, dunque, pare rigidamente patriarcale. La tutela giuridica del feto, sin dal concepimento, è infatti superiore al diritto di autodeterminazione della donna. Alla quale viene concessa una sola libertà. In pratica, può solo morire.