Arriva da tutta la Sicilia l’indignazione per l’intimidazione a carico della collega Fabiola Foti, cronista della testata L’Urlo. Prima un messaggio minatorio su Facebook, poi due teste di agnello macabre e sanguinanti, tipico di chi “vuole intimidire mafiosamente un giornalista”.
Fabiola si occupa di cronaca in quel di Catania, dove vige il clan Cappello e Santapaola, dove a Sant’Agata comandano i criminali e delinquenti di tutte le razze,mentre i cittadini sono succubi.
Giornalisti di serie b
Non ci sta Fabiola e si sfoga sulla sua stessa testata, e fa bene a farlo, anche se lo Stato si sarà vivo solo adesso, perché bisogna essere intimiditi fino al limite prima di essere sorvegliati.
Noi apparteniamo a quella categoria di collaboratori giornalistici e giornalisti di serie B, ma con onore, non amiamo essere diversi e lontani dalla nostra gente, non amiamo essere “personaggi pubblici”, noi denunciamo per scelta di vita e passione.
Vi lascio allo sfogo, condiviso da tutti noi di Cisiamo, da Fabiola Foti:
Qualche giorno fa qualcuno mi ha scritto sui social “fatti i cazzi tuoi”. La notte scorsa ho trovato una testa di agnello sul parabrezza della macchina. I macabri resti erano stati spalmati lato guida.
“Ho chiamato i carabinieri e ho sporto denuncia“
Quindi cosa significa questo? Che dovrei piuttosto parlare del tempo e di cassate siciliane?
Mi si invita a scrivere di altro?
Sono una giornalista siciliana che vive e opera a Catania.
Devo parlare del mare? Devo parlare dei dolci tipici, le “Minne di Sant’Agata”?
Volete che scriva che tutto va bene?
E invece io mi limito qui a riproporre gli articoli che ho pubblicato negli ultimi giorni
Vai avanti Fabiola, da collega siculo, ti dico: non arrenderti!